IL TRIBUNALE PER I MINORENNI 
                         di Reggio Calabria 
 
    Il Tribunale per i  minorenni  di  Reggio  Calabria,  riunito  in
camera di consiglio, con l'intervento dei sigg.: 
      - dott. Roberto Di Bella, presidente; 
      - dott. Paolo Ramondino, giudice; 
      - dott. Claudia De Santi, giudice onorario; 
      - dott. Giuseppe Marino, giudice onorario; 
    esaminati gli atti del procedimento n. 81/2020 VG., relativo alla
minore B. S., nata a ..... il ......; 
    letta l'istanza avanzata nell'interesse del detenuto B. G.; 
    esaminata la richiesta del Procuratore  della  Repubblica  per  i
minorenni in sede; 
 
                               Osserva 
 
    Con istanza pervenuta in data 6 maggio 2020, il difensore  di  B.
G. 
    detenuto al regime speciale di cui all'art. 41-bis  ord.  pen.  ,
sollecitava - previa disapplicazione della Circolare DAP n. 101903/AG
del  27  marzo  2020,  l'autorizzazione  per  il  suo  assistito   ad
intrattenere,  durante  l'emergenza   epidemiologica   Covid-19,   un
colloquio audiovisivo mediante la piattaforma  Skype  con  la  figlia
minorenne B. S. 
    Con altra istanza in data 27 maggio 2020, il  predetto  difensore
reiterava la richiesta di autorizzazione al colloquio, in presenza  o
a mezzo Skype, preso atto della sopravvenienza legislativa ex art.  4
D.L. nr. 29/2020. 
    Con richiesta  in  data  3  giugno  2020,  il  Procuratore  della
Repubblica in sede sollecitava: 1) la declaratoria di decadenza di B.
G. dalla  responsabilita'  genitoriale  nei  confronti  della  figlia
minorenne, con previsione  di  un  sostegno  alla  genitorialita'  da
attuarsi  con  educatori  e  figure  esperte  intranee   al   sistema
penitenziario;  2)  la  limitazione  della  analoga   responsabilita'
genitoriale della madre D. G.; 3) il co-affido della minore B. S.  ai
Servizi sociali  territoriali;  4)  l'inserimento  della  minore  nel
progetto Liberi di Scegliere; 5) la nomina di un curatore speciale. 
    Con  la  medesima  istanza,  il  Procuratore   della   Repubblica
richiedeva di sollevare la questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n.  29  per  violazione
degli articoli 2, 3, 30, 31, comma secondo, 32, 10 e 117 Cost.  nella
parte in  cui  essa  non  prevede  la  possibilita'  del  giudice  di
autorizzare, sino al 30 giugno  2020,  colloqui  a  distanza  tra  il
detenuto in regime speciale ex art. 41-bis o.  p.  e  ciascun  figlio
minorenne, negli stessi termini e condizioni applicabili ai  colloqui
a distanza tra il detenuto  in  regime  ordinario  e  ciascun  figlio
minorenne, nel caso cui non militi in senso contrario una  prevalente
esigenza di sicurezza. 
    Nel  contempo,  chiedeva   a   questo   giudice   «di   concedere
contestualmente (in via immediata, provvisoria, lato sensu  cautelare
e urgente) i colloqui a distanza  di  cui  trattasi  (in  termini  da
prevedere - almeno - sino alla data del  30  giugno  2020)  -  previa
delibazione della questione  di  legittimita'  dianzi  prospettata  e
disapplicazione delle situazioni della circolare del DAP n. 101903/AG
del 27 marzo 2020, ove ritenute rilevanti  (in  senso  potenzialmente
ostativo) ai fini della conferma delle disposizioni  gia'  emesse  de
potestate, ...e  della  norma  di  legge  presunta  illegittima  -  e
subordinando  la  conferma  della  detta   misura   interinale   alla
declaratoria di incostituzionalita' sopraggiunta». 
    A tal fine, la medesima autorita' giudiziaria segnalava  che  non
ostavano esigenza di sicurezza all'accoglimento della  richiesta,  in
quanto la Procura della Repubblica di  Reggio  Calabria  -  Direzione
Distrettuale Antimafia aveva espresso parere favorevole  ai  colloqui
via Skype tra il detenuto in regime speciale e la  figlia  minorenne,
di appena anni cinque. 
    Cio' premesso,  puo'  senz'altro  anticiparsi  che  ricorrono  le
condizioni  per  dichiarare  B.  G.  decaduto  dalla  responsabilita'
genitoriale nei confronti della figlia minorenne B. S. 
    Dalle indagini esperite dal Procuratore della Repubblica in  sede
e' infatti emerso che risultano precedenti penali nei confronti di B.
G. , tra  l'altro  per  il  reato  p.  e  p.  ex  art.  416-bis  c.p.
pluriaggravato, in materia  di  stupefacenti,  falsita'  documentale,
lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale (con condanne  ad
anni sei e mesi otto di reclusione e ad anni dodici e mesi  dieci  di
reclusione). Tali accertamenti sono rilevanti nel caso di  specie  in
quanto,  tra  le  pene   accessorie   risulta   anche   l'irrogazione
dell'interdizione legale per la durata della pena, in atto  in  corso
di espiazione, che comporta de jure anche l'attuale  sospensione  del
prefato dalla  responsabilita'  genitoriale  sulla  figlia  minorenne
suindicata. 
    Dall'informativa redatta dalla Tenenza Carabinieri di ... in data
28 maggio 2020 risulta inoltre che numerosi  congiunti  della  minore
sono sottoposti a misure restrittive e  che,  piu'  in  generale,  il
nucleo  familiare  de  quo  gravita   nel   contesto   delinquenziale
'ndranghetistico facente capo all'omonima Cosca B. 
    Cio' premesso, dal quadro conoscitivo in atti e' agevole inferire
che  la  minorenne  B.  S.  Si  trova  attualmente  esposta  a  grave
pregiudizio per il suo sviluppo e il benessere psicologico,  emotivo,
relazionale   e   personale,   derivante   dal   complessivo   quadro
genitoriale, familiare e ambientale in cui ella vive. 
    Quanto alla posizione del padre, detenuto da lunga data in regime
speciale ex art. 41-bis o. p., e con una prospettiva di  prosecuzione
della restrizione  carceraria  di  lunghissimo  orizzonte  temporale,
dovuta alla commissione, alla condanna e al coinvolgimento in plurimi
fatti e contesti delinquenziale, anche  di  stampo  `ndranghetistico,
non puo' che prendersi atto della sua sostanziale assenza come figura
genitoriale. 
    Assenza (imputabile e  colpevole)  che  espone  la  minorenne  al
gravissimo  trauma  della  mancanza  della   figura   paterna   nella
fanciullezza e nella gioventu'. Inoltre, la stessa caratura criminale
del padre e la  pesante  condanna  a  pena  detentiva  consentono  di
affermare che egli non possa neppure offrire prospettive di  recupero
di  una  funzionalita'  genitoriale  efficace,  in   tempi   e   modi
compatibili on le esigenze evolutive della minore e il suo  superiore
interesse allo  sviluppo  della  sua  personalita'  nel  segno  della
serenita' psicologica,  personale,  familiare  e  relazionale.  Deve,
pertanto, ritenersi conforme al preminente interesse della bambina la
declaratoria di decadenza - in sostanziale sovrapposizione alla  pena
accessoria - di B. G. dalla responsabilita' genitoriale. 
    Cio'  premesso,  la  declaratoria  anticipata  non   esclude   la
necessita' di tentare -  con  attenta  programmazione,  preparazione,
vigilanza e controllo - il recupero, sempre nell'interesse preminente
della minorenne, della figura  paterna  quantomeno  nella  dimensione
affettiva. 
    Questo tribunale e  di  avviso  che  un'iniziale  concessione  di
opportunita' di colloquio tra la minore e il padre, da  monitorare  e
supportare nei termini sotto  indicati,  possa  rivelarsi  funzionale
alla salute e all'interesse preminente della minore. 
    Tale sforzo, che risultera' in concreto compatibile  con  l'avvio
di un processo di rivisitazione autocritica della sua  vita  e  della
funzione genitoriale da parte del B. potra', in esito a una  verifica
positiva, condurre a ritenere conforme all'interesse preminente della
minorenne  il  mantenimento  di  un  processo  comunicativo  atto  ad
aumentare nella bambina la sua consapevolezza, quale figlia  e  quale
persona, nella delicata fase  di  sviluppo  che  caratterizza  l'eta'
della medesima. 
    Per  tale  finalita',  B.  S.  dovra'  essere  sottoposta  a   un
individualizzato percorso di  sostegno,  anche  psicologico,  che  la
supporti nei contatti con il padre e a sviluppare in modo corretto la
sua personalita' nel difficile contesto familiare e ambientale in cui
vive, che la espone a rischi di contatti con ambiti  di  criminalita'
organizzata, ovvero anche di marginalizzazione ed esclusione sociale. 
    Per contro, il necessario supporto psicologico  ed  educativo  in
favore del detenuto, finalizzato  a  rendere  funzionali  i  colloqui
(visivi, telefonici e,  possibilmente,  audiovisivi),  dovra'  essere
garantito dalle figure specializzate proprie del sistema carcerario. 
    Cio' premesso, ricorrono  i  presupposti  per  l'applicazione  in
favore della medesima minore del sistema a rete di interventi, azione
e misure di cui al Protocollo di Intesa interministeriale «Liberi  di
Scegliere», nella versione rinnovata di cui al protocollo siglato  in
data 5 novembre 2019. (1) 
    Ne segue che B. S. deve essere co-affidata  al  Servizio  Sociale
competente per  territorio  per  il  necessario  sostegno  educativo,
psicologico  e  relazionale,  da  svolgersi  in  collaborazione   con
l'Equipe interdisciplinare  permanente  e  la  rete  di  associazioni
antimafia «Libera», con  previsione  della  possibilita'  di  accesso
domiciliare  da  parte  delle  superiori  agenzie  territoriali   per
l'attuazione degli interventi previsti. 
    Quanto, poi, alla posizione della  madre,  ricorrono  allo  stato
degli atti i presupposti per adottare - d'urgenza e in via  cautelare
- il provvedimento limitativo sollecitato dal P.M., dovendosi  meglio
approfondire  il  quadro  d'indagine  e  le   dinamiche   relazionali
familiari, con accesso presso il domicilio e controllo  delle  scelte
educativo-normative. 
    In  altri  termini,  la  necessita'  di  imporre  dei   controlli
educativi domiciliari e  un  sostegno  psicologico  in  favore  della
minore, onde consentirle di elaborare  -  nonostante  la  tenerissima
eta' - la figura paterna e le ragioni della sua assenza, in  uno  con
la necessita' di prepararla ai contatti telefonici e a quelli  visivi
anche in carcere, non consentono altra soluzione. 
    Resta fermo l'assunto che il presente provvedimento de potestate,
finalizzato esclusivamente a verificare la condizione di B. S.  e  ad
attuare gli  interventi  (psicologici  ed  educativi)  funzionali  al
superiore interesse della minore, potra' essere revocato nel  momento
in cui gli accertamenti svolti evidenzieranno un'attivazione  ed  una
collaborazione funzionale della medesima donna. 
    Il potenziale conflitto di interessi tra la minore e  i  genitori
impone poi la nomina di un curatore speciale, che potra' rivestire la
contestuale qualifica di difensore tecnico  di  B.  S.  nel  presente
procedimento. 
    Quanto ai programmati colloqui tra la minorenne e  il  padre  non
sembra superfluo ribadire  che  gli  stessi  appaiono  funzionali  al
benessere della minore  e,  pertanto,  devono  essere  immediatamente
attivati. 
    Cosi' ricostruita la vicenda processuale, deve osservarsi che  le
statuizioni di questo tribunale in ordine ai colloqui tra  la  minore
ed il padre detenuto al regime speciale dell'art. 41-bis o.  p.  sono
al momento impediti -  sia  dal  punto  di  vista  telefonico  che  a
distanza  nei  termini  auspicati  -  dalla  normativa   primaria   e
secondaria emessa per l'emergenza Covid 19. 
    L'emergenza  sanitaria  dettata  dal  propagarsi   del   contagio
epidemico  da  SarsCov-2  sul  territorio  nazionale  ha  determinato
un'immane esigenza di adattamento di tutti i settori dello Stato. 
    Pure il sistema giustizia ha dovuto plasmarsi in  relazione  alle
mutate necessita' di  limitazione  del  contagio  virale  su  diversi
fronti. In questo contesto  Si  innesta  la  questione  attinente  ai
colloqui dei minorenni con genitori detenuti in regime di  41-bis  o.
p., che risulta di particolare  interesse  giuridico,  implicando  il
coinvolgimento e l'interazione, sinora inesplorata, di  giurisdizioni
diverse, di norme sovranazionali e  nazionali,  norme  a  tutela  dei
minori e della genitorialita', norme che garantiscono  la  stabilita'
della sanzione penale e allo stesso tempo la protezione  dei  diritti
fondamentali. 
    Il quadro normativo di riferimento: le norme nazionali. 
    Oltre alle norme  sovranazionali  direttamente  o  indirettamente
applicabili che di seguito si esamineranno, le  norme  costituzionali
offrono un ampio ventaglio  di  garanzie  per  i  minorenni,  per  la
genitorialita' e per i detenuti. 
    Agganci generici di tutela sono gli  articoli  2  e  3  Cost.  in
merito alla protezione  della  dignita'  umana,  l'uguaglianza  ed  i
diritti fondamentali che interessano l'uomo in quanto tale. 
    Gli articoli 29, 30, 31 Cost. realizzano il fulcro  della  tutela
della famiglia come nucleo fondamentale  della  societa',  fissano  i
principi  generali  relativi  alla  genitorialita'  e  riconoscono  i
diritti dei minorenni. In particolare, i diritti/doveri di istruzione
e di educazione dei quali anche lo Stato deve essere pronto  a  farsi
carico. 
    Tuttavia, il  riconoscimento  dei  legami  affettivi  non  sempre
risulta essere preso in  diretta  considerazione  dalla  legislazione
nazionale;  spesso  queste  relazioni  non  risultano   espressamente
regolate  dal  diritto  positivo  sebbene  vengano  alla  luce   come
posizioni giuridiche meritevoli di tutela, perche' costituzionalmente
garantite, in rapporto  a  discipline  che  hanno  ad  oggetto  altri
settori dell'ordinamento. 
    E' il caso dell'ordinamento penitenziario. 
    Le conseguenze dell'applicazione delle  norme  sulla  restrizione
della liberta' personale a seguito della pronuncia giurisdizionale di
condanna si riversano  su  posizioni  giuridiche  di  pari  interesse
costituzionale. L'esigenza di «punizione» statale  costituzionalmente
prevista invade certamente la sfera  dei  rapporti  affettivi,  anche
essi garantiti da norme di assoluto rilievo costituzionale. 
    Piu'  volte  la  giurisprudenza  si  e'  occupata  del   rapporto
genitoriale in caso di detenzione ed in virtu' del  disposto  di  cui
all'art.  31  Cost.,  potendo  la  «formazione  del  bambino   essere
gravemente pregiudicata dall'assenza di una figura  genitoriale»,  ha
attribuito preminenza all'interesse del minore a crescere a  contatto
con la madre (e con  il  padre,  in  via  residuale),  rispetto  alle
esigenze punitive dello Stato. (2) 
    Ed   infatti,   in    diverse    disposizioni    dell'ordinamento
penitenziario, e del relativo regolamento di esecuzione, la rilevanza
dei legami familiari e elemento indispensabile nel concreto  attuarsi
della carcerazione, soprattutto al fine di  salvaguardare  il  minore
dai  danni  che  la  detenzione  del  .genitore  puo'  innegabilmente
provocare. 
    Due sono gli istituti che  maggiormente  rilevano  dal  punto  di
vista della tutela  dei  diritti  umani  dell'individuo  detenuto  in
rapporto ai suoi legami familiari: da un lato,  i  permessi  previsti
dall'art. 30 o. p. e dall'altro, i colloqui. 
    La disciplina  generale  dei  colloqui  concessi  al  detenuto  e
dettata, principalmente, dagli art. 18 della L. n. 354 del 1975 e  37
del Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000,  n.  230.
In essi si riconosce il  diritto  del  recluso  allo  svolgimento  di
colloqui sia  con  i  propri  familiari,  previa  autorizzazione  del
direttore  dell'istituto  penitenziario  sia   -   in   presenza   di
ragionevoli motivi -  anche  con  persone  diverse  dai  congiunti  e
conviventi (art. 37,  10  comma).  Particolare  favore,  comunque,  e
accordato  ai  colloqui  con  i  familiari  (art.  18,   3°   comma),
soprattutto al fine di preservare,  per  quanto  compatibile  con  la
condizione carceraria. «il mantenimento di un valido rapporto  con  i
figli, specie in eta' minore». (3) 
    Se  si  sposta  l'attenzione  sul  versante  della  pericolosita'
sociale e si considera quindi l'art.  41-bis  comma  2  o.  p.,  che,
parallelamente  all'art.  4-bis  o.  p.,  e'  stato  introdotto   con
obiettivi  di  neutralizzazione  dei   detenuti   appartenenti   alla
criminalita' organizzata, il discorso e' evidentemente piu' delicato. 
    Le statuizioni relative ai colloqui subiscono  un  restringimento
per i detenuti sottoposti al regime speciale di cui  all'art.  41-bis
o. p. (L. n. 354 del 1975), comma 2-quater, lett. b), che prevede per
i detenuti sottoposti al regime speciale un solo  colloquio  al  mese
con i familiari e i conviventi, da svolgersi ad intervalli  di  tempo
regolari e con modalita' di sicurezza (locali attrezzati ad  impedire
il  passaggio  di  oggetti,  registrazione  e  controllo   auditivo).
L'ammissione  al  colloquio  di  persone  diverse  da   familiari   e
conviventi, per i detenuti sottoposti al regime  carcerario  speciale
previsto dall'art. 41-bis o. p.,  e'  subordinata  alla  presenza  di
«casi  eccezionali,  determinati  volta  per  volta,  dal   direttore
dell'istituto». 
    Dall'esame della normativa relativa al  regime  speciale  di  cui
all'art. 41-bis o. p., agevole  intuire  come  le  conseguenze  della
restrizione in carcere non si riversino esclusivamente sul  detenuto,
ma colpiscano indirettamente anche i familiari: si coglie al riguardo
la  c.d.  portata  bilaterale  della  pena,  che  colpisce  in   modo
emblematico i figli  minori  del  detenuto  lesi,  senza  colpa,  nel
diritto di crescere accanto ai propri genitori e in un  ambiente  che
ne favorisca il sano sviluppo psicofisico, come rilevato dalla  Corte
costituzionale in diverse pronunce. 
    Cio' premesso, non ci  si  puo'  esimere  dal  segnalare  che  la
garanzia di  tutela  di  soggetti  «fragili»  dell'ordinamento  e  un
compito irrinunciabile  per  ogni  potere  dello  Stato.  Le  singole
istituzioni si devono fare carico di supportare i singoli ancor  piu'
se minori, offrendo la piu'  ampia  protezione  possibile  attraverso
strumenti di natura amministrativa e giurisdizionale. 
    Per consentire  l'adeguata  cura  del  preminente  interesse  dei
minorenni figli di detenuti (v. art. 3 della Convenzione di New  York
del 20 novembre 1989, ratificata  dall'Italia  con  legge  27  maggio
1991, n. 176) e fondamentale il coordinamento  istituzionale  ed  una
legislazione ampia  e  puntuale  sugli  aspetti  della  vita  che  li
coinvolgono direttamente e indirettamente, facendosi anche carico del
loro benessere psicofisico (art. 32  Cost.)  ove  non  realizzato  in
ambito familiare. 
    L'equilibrio tra la lotta alla criminalita' organizzata,  ove  il
41-bis o.  p.  assurge  ad  emblema,  e  la  tutela  degli  interessi
preminenti dei minori, comporta una seria riflessione  che  non  puo'
prescindere dalle valutazioni bilanciate del caso concreto, come piu'
volte ha stabilito la  Corte  costituzionale  pur  in  riferimento  a
fattispecie diverse. 
    A supporto di tale assunto si segnala  la  sentenza  12  febbraio
2012  n.  31   della   Corte   costituzionale   che   ha   dichiarato
l'incostituzionalita'  dell'art.  569  c.p.,  nella  parte   in   cui
stabilisce che, in caso di condanna pronunciata  contro  il  genitore
per il delitto di alterazione di stato, previsto dall'art. 567, comma
2,  e.p.,  consegua  di  diritto  la  perdita  della  responsabilita'
genitoriale,  cosi'  precludendo  al  giudice  ogni  possibilita'  di
valutazione dell'interesse del minore nel caso concreto. 
    Un    bilanciamento    ricercato    anche    dall'Amministrazione
penitenziaria con la circolare n. 3676/616  del  2  ottobre  2017  in
materia di organizzazione del  circuito  detentivo  speciale  di  cui
all'art. 41-bis o. p.  a  cui  si  affianca  un  allegato  contenente
specifiche misure applicative detto «Modello 72», che tiene conto  di
una serie di  aspetti  di  vita  quotidiana  dei  soggetti  posti  in
isolamento al fine di rendere l'esecuzione della pena sempre conforme
al  rispetto  dei  diritti  umani  costituzionalmente  (e  non  solo)
garantiti. 
    Il quadro normativo di riferimento:  la  disciplina  emergenziale
sull'ordinamento penitenziario. 
    L'improvviso impatto del virus Sars Cov-2 nel  nostro  territorio
ha imposto l'emanazione  di  una  serie  di  norme  emergenziali  per
disciplinare in via d'urgenza tutti i settori  dell'ordinamento,  tra
questi anche quello giudiziario e penitenziario. Per  quanto  qui  di
interesse, il decreto-legge 10 maggio 2020,  n.  29  prevede  «Misure
urgenti  in  materia  di  detenzione   domiciliare   o   differimento
dell'esecuzione della pena, nonche' in materia di sostituzione  della
custodia  cautelare  in  carcere  con   la   misura   degli   arresti
domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19,
di  persone  detenute  o  internate  per  delitti   di   criminalita'
organizzata di tipo mafioso, terroristico e mafioso, o per delitti di
associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti
o per delitti commessi avvalendosi delle  condizioni  o  al  fine  di
agevolare l'associazione mafiosa, nonche'  di  detenuti  e  internati
sottoposti al regime previsto dall'art. 41-bis della legge 26  luglio
1975, n. 354, nonche', infine, in materia di colloqui con i congiunti
o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli  internati  e
gli imputati.» 
    Quanto  agli  istituiti  penitenziari,  l'art.  4   del   decreto
emergenziale dispone:  «Al  fine  di  consentire  il  rispetto  delle
condizioni  igienico-sanitarie  idonee  a  prevenire  il  rischio  di
diffusione del COV1D-19, negli istituti penitenziari e negli istituti
penali per minorenni, a decorrere dal 19 maggio 2020 e sino alla data
del 30 giugno 2020, i colloqui con i congiunti o  con  altre  persone
cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati a  norma
degli articoli 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, 37 del  decreto
del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000,  n.  230,  e  19  del
decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121, possono essere  svolti  a
distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti  di
cui dispone l'amministrazione penitenziaria  e  minorile  o  mediante
corrispondenza telefonica, che puo' essere autorizzata oltre i limiti
di cui all'art. 39, comma 2,  del  predetto  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 230 del 2000 e all'art. 19, comma 1, del  decreto
legislativo n. 121 del 2018. 
    Il direttore dell'istituto penitenziario e  dell'istituto  penale
per minorenni, sentiti, rispettivamente,  il  provveditore  regionale
dell'amministrazione penitenziaria e il dirigente del centro  per  la
giustizia  minorile,  nonche'  l'autorita'  sanitaria  regionale   in
persona del Presidente della Giunta  della  Regione  stabilisce,  nei
limiti di legge, il  numero  massimo  di  colloqui  da  svolgere  con
modalita' in presenza, fermo il diritto dei condannati,  internati  e
imputati ad almeno un colloquio al mese  in  presenza  di  almeno  un
congiunto o altra persona». 
    Dunque, appare evidente che  nella  necessita'  di  garantire  il
diritto al mantenimento delle relazioni affettive sia stato  ampliato
il novero dei contatti telefonici o audiovisivi nella  consapevolezza
del rischio di contagio determinato dall'ingresso di soggetti esterni
dentro le strutture penitenziarie. 
    La ratio  della  norma  ha  un  chiaro  fondamento  nell'esigenza
sanitaria,  il  legislatore  ha  dunque  voluto  adattare  le   norme
dell'ordinamento penitenziario alle mutate circostanze della  realta'
sociale, nel rispetto delle indicazioni mediche sul contenimento  del
contagio virale. 
    Il  limite  agli  spostamenti  non  puo'  dunque  comportare   un
ulteriore restringimento delle  liberta'  concesse  ai  detenuti,  le
stesse possono ben realizzarsi - con modalita' diverse - nel rispetto
delle norme di sicurezza. 
    E' tuttavia da ritenere che la disposizione de qua, nel  rinviare
esclusivamente agli articoli 18 L.  26  luglio  1975,  n.  354  e  37
decreto del Presidente della  Repubblica  30  giugno  2000,  n.  230,
quanto alla determinazione del suo ambito e delle  sue  modalita'  di
applicazione, sia riferibile solo al regime ordinario di detenzione e
non a quello speciale ex art. 41-bis o. p.. Tale  interpretazione  e'
stata ribadita dal direttore generale dei detenuti e del  trattamento
del DAP con missiva inviata 18 maggio 2020  a  questo  tribunale,  in
relazione ad altro procedimento civile avente il medesimo oggetto. 
    I provvedimenti di attuazione dei decreti  emanati  in  relazione
all'emergenza Covid: le circolari. 
    La circolare 101903/AG del 27 marzo 2020 avente  ad  oggetto  «la
concessione di un  ulteriore  colloquio  telefonico,  in  aggiunta  a
quello sostitutivo spettante, per i  detenuti  sottoposti  al  regime
speciale di cui all'art. 41-bis comma 2 o. p.» reca  l'organizzazione
per la  realizzazione  di  un  colloquio  aggiuntivo da  tenersi  con
modalita' telefonica in alternativa al colloquio visivo mensile a cui
hanno diritto - per il tempo dell'emergenza Covid  19  -  i  detenuti
ristretti in regime  di  isolamento.  I  colloqui  che  si  ritengono
necessari in ragione dell'impossibilita' di spostamento delle persone
sul territorio per effetto della legislazione «anticontagio»  possono
dunque essere svolti in modo alternativo e con  particolari  cautele:
la chiamata  dovra'  partire  dall'istituto  penitenziario  verso  la
caserma  dei  carabinieri  del  comune  piu'  vicino  ai  destinatari
(familiari), luogo in cui gli stessi si recheranno in modo  da  poter
essere identificati ed al fine di  registrare  la  conversazione.  La
sorveglianza risulta, pertanto, essere perfettamente attuata. 
    Ancora, secondo quanto previsto dalla circolare,  i  familiari  -
muniti di  dispositivi  di  protezione  individuate  -  che  potranno
recarsi presso la caserma per il colloquio, non dovranno essere  piu'
di due, con esclusione della presenza al colloquio dei minori. 
    La circolare dunque - a differenza della successiva  disposizione
legislativa di cui all'art. 4 D.L. 29 del 2020 - non prevede  neppure
per i detenuti ordinari collegamenti a distanza diversi dal  contatto
telefonico ed esclude i minorenni. Un'esclusione non  presente  nelle
precedenti circolari, sia in quelle «pre-covid» che in quelle  emesse
successivamente. 
    In particolare, la circolare piu' recente del 12  maggio  2020  -
che segue il decreto-legge n.  29/2020  -  consente  la  ripresa  dei
colloqui  in  presenza  mediante  la  predisposizione  delle  cautele
«anticontagio» (dpi, plexiglas, distanziamento fisico) ove possibile,
previa valutazione dei rischi di spostamento; in alternativa, prevede
che  rimarranno  ferme,  le  opportunita'  di  colloquio  con   mezzi
telefonici e, per i detenuti ordinari; anche informatici audiovisivi. 
    Anche  in  questa  circostanza,  l'Amministrazione  penitenziaria
nulla afferma circa la presenza dei minori nei colloqui a distanza. 
    La ratio dell'esigenza di esclusione dei colloqui a distanza  tra
i minorenni ed i genitori detenuti al 41-bis  o.  p.  ha  dunque  dei
contorni sfumati e sfuggenti. Inoltre, la distinzione  tra  minori  e
maggiorenni,   quanto   alle   relazioni    familiari    esplicantesi
nell'istituto  dei  colloqui,  non   viene   in   rilievo   ne'   nel
decreto-legge n. 29/20 ne' nelle altre  circolari  che  involgono  il
sistema penitenziario. 
 
                      Rilevanza della questione 
 
    Cio' premesso, occorre verificare la rilevanza  e  non  manifesta
infondatezza della questione proposta. 
    Il vaglio di rilevanza  della  questione  attiene  alla  verifica
dell'impossibilita', per il Giudice  a  quo,  di  risolvere  il  caso
pratico  sottoposto  alla  sua  attenzione,  indipendentemente  dalla
risoluzione della questione stessa. 
    Ebbene, nel caso che occupa, questo  giudice  dovrebbe  applicare
quello specifico articolo  di  legislazione  primaria  (art.  4  d.l.
29/20) per rigettare l'istanza del detenuto che ha chiesto  di  poter
vedere la figlia minorenne  con  sistemi  telematici  o  audiovisivi.
L'applicazione di tale norma ai fini del rigetto rende  rilevante  la
questione, in quanto si tratterebbe di applicare  una  norma  che  si
asserisce incostituzionale. Cio' premesso, ne consegue  la  rilevanza
della questione nel presente giudizio, in quanto l'applicazione della
norma  precluderebbe  la  valutazione  del  merito  dell'istanza  del
detenuto e, nel contempo,  non  consentirebbe  alle  statuizioni  del
presente provvedimento (tra cui anche quella relativa ai  contatti  a
distanza  in  modalita'  audio  visive,  che  sicuramente  potrebbero
portare un enorme  beneficio  per  il  benessere  psico-fisico  della
bambina) di potere dispiegare la sua efficacia per un rilevante lasso
di tempo. 
    Sebbene la norma  dell'ordinamento  penitenziario  sia  destinata
prevalentemente  a  disciplinare  il  rapporto  del  detenuto  con  i
familiari, non vi e' dubbio che la stessa ha contestualmente  dirette
ripercussioni sul diritto della minorenne B. ad intrattenere rapporti
con  il  padre  detenuto,  prospettiva  -  preclusa,  o  meglio   non
considerata,  dalla  normativa  emergenziale  -  che   principalmente
interessa questa autorita' giudiziaria. 
    Sotto altra direttrice, la rilevanza della questione emerge anche
dal contenuto del presente provvedimento, finalizzato ad agevolare il
percorso rieducativo del detenuto B. al  fine  del  recupero/sostegno
delle sue competenze genitoriali in funzione del preminente interesse
della figlia minorenne. 
    Come anticipato, questo tribunale ha richiesto al detenuto B.  di
intraprendere un percorso psicologico e di sostegno per  un  corretto
approccio  educativo-affettivo  con  la  figlia  minorenne,   privata
dell'importante figura paterna dalla sua vita quotidiana. 
    Orbene, l'interruzione per lunghi mesi dei contatti e, in specie,
l'impossibilita' di accedere  a  colloqui  telefonici  e  a  contatti
visivi durante l'emergenza epidemiologica Covid 19 e  una  situazione
di fatto che, ritardando l'esecuzione  delle  statuizioni  di  questo
tribunale, incide sulla prospettiva rieducativa  prevista  in  favore
del detenuto e, dall'altro, determina una  grave  compromissione  del
diritto fondamentale della figlia minorenne ad intrattenere  -  senza
soluzione di continuita' e a maggior  ragione  durante  la  difficile
situazione emergenziale - rassicuranti contatti anche visivi  con  il
padre. 
    A conforto della superiore proposizione  va  evidenziato  che  la
norma derivante dal combinato  disposto  dell'art.  4  del  D.L.  nr.
29/2020 e dell'art. 18 o. p., e'  una  norma  giuridica  primaria  di
relazione che incide non solo sulla posizione del detenuto (e il  cui
diniego  da  parte  dell'amministrazione  penitenziaria  puo   essere
dedotto con  i  rimedi  dell'ordinamento  penitenziario,  innanzi  la
magistratura  di  sorveglianza),  ma  anche  (e  innanzitutto)  sulla
posizione della minore (i cui  diritti  sono  deducibili  innanzi  la
magistratura minorile). 
    La bilateralita' della relazione giuridica tra  figlio  minore  e
detenuto pone pertanto la preliminare questione della  legittimazione
di questo Tribunale  per  i  minorenni  a  sollevare  il  quesito  di
costituzionalita' della norma indicata. 
    Non vi  e  dubbio  che  nel  rapporto  giuridico  genitore/figlio
minorenne, la posizione preminente (anche se non  assoluta)  -  cosi'
come stabilito dall'art. 3 della  Convenzione  di  New  York  del  20
novembre 1989  -  e'  quella  di  diritto  soggettivo  del  minore  a
mantenere rapporti affettivi e a ricevere dal  genitore  -  anche  se
detenuto - un'educazione coerente ai valori  costituzionali,  fattori
tutti idonei a consentire al minorenne un adeguato sviluppo della sua
personalita' (diritto inviolabile di rango costituzionale che connota
i valori della persona umana). 
    Tale  preminenza  assiologica   comporta   l'affermazione   della
giurisdizione e della competenza del giudice civile  minorile,  quale
giudice naturale de potestate (art. 25 Cost.).  Competenza  che,  nel
caso che occupa, e' rafforzata  dalla  circostanza  che  non  risulta
pendente un contestuale procedimento di sorveglianza e dall'ulteriore
rilievo  che  l'interesse  pubblico  (primario  dal  punto  di  vista
dell'Amministrazione penitenziaria) alla sicurezza nella gestione del
detenuto in regime speciale e garantita  dal  parere  espresso  dalla
Procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria,  che
non ha segnalato esigenze di sicurezza ostative alla  concessione  di
colloqui audiovisivi a distanza nel caso in esame. 
    In conclusione, non si puo' ritenere che sussista in  materia  di
rapporti affettivi tra un figlio minorenne  e  un  genitore  detenuto
un'implicita preferenza legislativa per l'autorita' amministrativa  o
per la competenza del giudice di sorveglianza o ordinario, capace  di
attrarre per connessione anche la cognizione sulla posizione  (invero
preminente sub specie juris) del minore, in quanto  cio'  apparirebbe
contrario alla logica  stessa  della  specializzazione  (anche  nella
composizione mista dei collegi) e delle funzioni  della  magistratura
minorile. 
    Ritenere   che   una   simile   competenza   specializzata    sia
(implicitamente) recessiva di fronte alla  competenza  del  direttore
dell'istituto penitenziario o del giudice di  sorveglianza  (relativa
alla posizione penitenziaria  del  detenuto)  costituirebbe  un  quid
juris  irragionevole,  a  sua  volta  da  elevare   a   sospetto   di
incostituzionalita' sotto il profilo della violazione delle  garanzie
giurisdizionali della condizione del minore e della effettiva  tutela
in giudizio del suo diritto a mantenere i rapporti affettivi  con  il
genitore mediante il colloquio (a distanza). 
    Aggiungasi, inoltre, che l'eventuale  (sopravvenuto)  diniego  ai
colloqui/collegamenti  a   distanza   del   direttore   dell'istituto
penitenziario, del magistrato di sorveglianza o  del  giudice  penale
che  procede  sino  alla  sentenza  di  primo  grado,  fondato  sulla
disposizione  di   cui   si   sospetta   l'incostituzionalita',   non
costituisce neppure - ad avviso di questa autorita' giudiziaria -  un
dato oggettivo idoneo per escludere la rilevanza della questione  nel
giudizio a quo. 
    Non vi e' dubbio che, nonostante il tribunale per i minorenni non
sia   un'autorita'   giudiziaria   contemplata   nella   disposizione
emergenziale in oggetto (cosi'  come  nell'art.  41-bis  o.  p.),  la
risoluzione della questione di legittimita' costituzionale nel  senso
auspicato  (ovvero,  con  la  rimozione  del  divieto  dei   colloqui
audiovisivi  a  distanza)   consentirebbe   a   questo   giudice   di
interloquire istituzionalmente  (e  sinergicamente)  in  ordine  alla
necessita' dei contatti previsti  -  per  la  tutela  dell'integrita'
psico-fisica dei  minorenni  -  con  le  autorita'  amministrative  e
giudiziarie preposte ad autorizzarli dalla prospettiva del  detenuto,
ovvero con il direttore  dell'istituto  penitenziario  (nel  caso  si
tratti di  condannato  in  via  definitiva),  con  il  magistrato  di
sorveglianza in sede di reclamo avverso un provvedimento  di  diniego
di  un'autorizzazione  al  colloquio  o,  nei   casi   residui,   con
l'autorita' giudiziaria che procede. 
    Cio' premesso, ne consegue che la competenza a pronunciarsi sulla
rilevanza della questione non potrebbe essere sottratta al  tribunale
per i minorenni, senza «amputare» la competenza  del  giudice  civile
minorile, con violazione cosi' dei canoni di effettivita' e  pienezza
della tutela giurisdizionale della minorenne B. e delle regole (anche
costituzionali) del giusto processo (civile minorile). 
 
                     Non manifesta infondatezza 
 
    Per quanto attiene al profilo della non  manifesta  infondatezza,
il giudice a quo non e' chiamato a pronunciarsi  sulla  fondatezza  o
meno, esame che e' appunto rimesso alla sola Corte costituzionale, ma
deve semplicemente respingere la questione quando palesemente,  prima
facie, gli appaia  priva  di  ogni  fondamento  giuridico.  La  Corte
costituzionale ha poi  aggiunto  che  il  giudice  a  quo,  prima  di
rimettere    la    questione,    deve     preliminarmente     tentare
l'interpretazione conforme a Costituzione, che tuttavia nel caso  che
occupa non appare possibile, in quanto  tale  operazione  ermeneutica
comporterebbe  un'invasione  delle   prerogative   del   legislatore,
dovendosi estendere l'applicazione di una norma ad una  categoria  di
soggetti - ovvero, i detenuti al regime speciale dell'art. 41-bis  o.
p. - che la stessa implicitamente esclude. 
    In merito,  non  sembra  superfluo  segnalare  che  la  Corte  di
Cassazione  in  diverse  occasioni  ha  escluso  la  possibilita'  di
un'interpretazione estensiva dell'art. 41-bis o. p., con  riferimento
ai colloqui audiovisivi a distanza, ritenendo (v., a  tal  proposito,
Cass. I sezione penale n. 16557 del 2019) la necessita'  che  sia  il
legislatore a fornire le indicazioni vincolanti  per  i  vari  ambiti
della vita penitenziaria. 
    Tale indirizzo e'  stato  tuttavia  sconfessato  da  una  diversa
lettura conforme del sistema normativo derivante dall'art. 41-bis  o.
p. operato dalla stessa Corte di Cassazione (cfr. Cass. Penale  Sent.
n. 7654/2014, dep. 19.02.2015) elle, chiamata ad esprimersi in regime
di colloqui audiovisivi  fra  padre  e  figlio  entrambi  detenuti  e
soggetti al regime di cui al 41-bis o.  p.,  ha  accolto  il  ricorso
avverso la decisione di diniego. 
    La Corte si e' posta il problema  del  bilanciamento  tra  i  due
interessi in conflitto, cioe' quello della tutela dell'ordine e della
sicurezza,  sia  interna  agli  istituti  che  nei   riguardi   della
generalita' dei cittadini  sotto  il  profilo  della  prevenzione  di
ulteriori reati, e il diritto alla coltivazione della vita  familiare
ed affettiva del detenuto al 41-bis o. p. attraverso i  colloqui,  la
cui  preclusione  integra  un  grave  pregiudizio  sotto  il  profilo
trattamentale, esistenziale, di compressione della  personalita'  del
detenuto e del percorso rieducativo. Partendo da  tale  impostazione,
ha accolto il ricorso del detenuto prospettando  la  possibilita'  di
una soluzione  che  contempera  entrambi  gli  interessi,  ovvero  la
videoconferenza  come  strumento  atto  a  superare   i   limiti   di
costituzionalita' che, altrimenti, porrebbe  la  lettura  restrittiva
dell'art. 41-bis o. p.. 
    In  sostanza,  la  video-conferenza  come  strumento   idoneo   a
garantire tanto i criteri di  sicurezza  e  pericolo  che  sono  alla
radice del trattamento differenziato, quanto il rispetto dei  diritti
fondamentali dell'essere umano  che  ad  ogni  detenuto,  per  quanto
severamente ristretto, devono essere riconosciuti. 
    In modo conforme, si e di recente  pronunciato  il  tribunale  di
Sorveglianza di Roma (ordinanza del 16 gennaio  2020,  n.  291/2020),
che ha autorizzato il colloquio via skype tra due detenuti - tra loro
congiunti - sottoposti al regime del 41-bis o. p.. 
    In merito, il predetto giudice ha  evidenziato  che,  altrimenti,
«ci  sarebbe  un  grave  pregiudizio  al  diritto  del  detenuto   al
mantenimento di relazioni di diretta  presenza  con  i  piu'  stretti
congiunti. I contatti con i parenti hanno  rilevanza  come  strumento
volto ad impedire effetti negativi sulla  personalita'  del  detenuto
determinati dallo stato detentivo.  Pertanto,  i  colloqui  rientrano
nell'attivita' di recupero e rieducazione del condannato,  anche  per
coloro che sono sottoposti al regime penitenziario del 41-bis o.  p..
In altri termini, da un lato c'e' l'esigenza di recidere  i  contatti
criminali e dall'altro  il  mantenimento  del  diritto  al  colloquio
diretto e di  presenza  con  i  congiunti  quale  minima  e  basilare
opportunita' relazionale,  in  quanto  altrimenti  si  finirebbe  per
sopprimere completamente la vita affettiva del detenuto con ulteriore
svilimento delle  condizioni  umane  di  restrizione  e  con  effetti
negativi sulla sua personalita' e con gravi pregiudizi  sul  percorso
di reinserimento sociale». 
    Cio'  stabilito,  il  predetto  giudice  ha  precisato  che   «la
valorizzazione della insopprimibilita' di  tale  diritto  sia  ancora
piu' preminente  nella  prospettiva  della  attuazione  dei  principi
costituzionali della finalita' rieducativa della pena e  del  divieto
del  trattamento  contrario  al  senso  di  umanita'  indicati   CEDU
considerato che per le restrizioni di movimento  e  di  comunicazione
imposta dal regime di  cui  all'art.  41-bis,  l'accesso  alle  altre
opportunita'  trattamentali  ordinarie  sono  assai  ridotte  se  non
escluse del tutto». 
    Ancora, secondo il medesimo Tribunale, «il sacrificio del diritto
in questione non risponde alla concreta esigenza del 41-bis o. p.  di
garantire l'ordine e la sicurezza pubblica, in quanto il collegamento
tramite Skype - gia' promosso con una circolare del Dap  (30  gennaio
2019) per effettuare colloqui di detenuti inseriti  nel  circuito  di
media sicurezza con i familiari - garantisce la visione dell'immagine
senza comportare spostamenti e contatti fisici diretti.  Inoltre,  il
contatto  distanza  e  controllabile,  registrabile  e  non  comporta
rischi, in quanto l'interruzione del colloquio in caso di anomalie  e
un'opzione  agevolmente  percorribile»,  Infine,  «non  vi  sarebbero
problemi  legati  alla  sicurezza  in  quanto  sia  il   sistema   di
videoconferenza sia quello Skype, sono gia' utilizzati  per  i  video
collegamenti dei detenuti al 41-bis in occasione delle udienze». 
    Cio' premesso, deve osservarsi che nel  caso  in  argomento  tale
interpretazione estensiva, costituzionalmente orientata, fornita  dal
tribunale  di  sorveglianza  di  Roma,  cosi'  come  dalla  Corte  di
Cassazione,  non  e'  percorribile  nel  caso  che  occupa   per   la
sopravvenuta disciplina emergenziale, che preclude  implicitamente  e
con una precisa scelta di campo - non richiamandoli - i  collegamenti
audiovisivi distanza con i familiari per  i  detenuti  sottoposti  al
regime del 41-bis o. p.. 
    Di  fronte  alla  chiara  struttura  della  relatio  formate   ed
esplicita tra l'art. 4 del D.L. nr. 29/2020 e l'art.  18  o.  p.  non
appare possibile estendere l'interpretazione della legge, in  maniera
correttiva e conforme a un'inespressa ratio legis maggiormente ampia,
senza  prima  ottenere  la  caducazione/demolizione  di  tale   norma
legislativa di divieto. 
    Ne consegue che  un'esegesi  costituzionalmente  orientata  della
disposizione censurata,  potrebbe  dar  luogo  ad  un'interpretazione
evolutiva e non estensiva della norma,  vietata  perche'  snatura  la
funzione di giudice da organo di applicazione in quello di formazione
della legge (cfr. Corte di Cassazione sez. 3, n. 2230 dell'11 gennaio
1980, Pasculli). 
    Cio' premesso, puo' anticiparsi  che  la  preclusione  automatica
prevista dall'art. 4 d.l. 29/20 espone al  sospetto  di  legittimita'
costituzionale la medesima disposizione per contrasto con gli art. 2,
3, 27, 30, 31 comma secondo, 32, 117 della Costituzione, nella  parte
in cui non prevede il medesimo trattamento per i detenuti ordinari  e
quelli sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis o. p. (o,
dalla prospettiva che interessa, per i minorenni  figli  di  detenuti
ordinari e  i  minorenni  figli  di  detenuti  in  regime  speciale),
relativamente alla disciplina dei colloqui audiovisivi a distanza. 
    Prima questione: sospetta violazione degli articoli 2, 3, 27,  30
e 31, comma secondo, 32 costituzione 
    Come anticipato, l'art. 4 d.l. 29/20  ha  un  riflesso  indiretto
anche sui diritti fondamentali dei minori, i quali sono privati della
relazione visiva a distanza  con  il  genitore  ristretto  al  regime
speciale di cui all'art. 41-bis o. p.. Si tratta, quindi, di un vizio
materiale consistente nella violazione di norme costituzionali e,  in
particolare, degli articoli 2, 3, 27, 30, 31, comma secondo, e 32. 
    La sospetta violazione degli articoli 2,  3  e  30  Cost.  emerge
dall'evidente disparita' di trattamento riservata ai figli  minorenni
dei detenuti sottoposti al 41-bis o. p. rispetto ai  minorenni  figli
di  detenuti  ordinari,  con  la  correlata  violazione  di   diritti
inviolabili come quello di  intrattenere  rapporti  affettivi  con  i
familiari detenuti, idonei a garantire  un  corretto  sviluppo  della
personalita' ed una condizione di benessere psico-fisico del minore. 
    Nel caso specifico, non vi e' dubbio che risponde ad  un'esigenza
affettiva della minorenne B. - specialmente in  un  momento  delicato
come  quello  rappresentato  dall'emergenza  Covid  19  -  quella  di
mantenere   il   contatto   visivo    con    il    padre    detenuto,
nell'impossibilita'  di  accedere  ai   colloqui   presso   la   casa
circondariale di Novara. Per converso, la violazione sospetta  esiste
anche sotto la diversa prospettiva del condannato. 
    Parimenti,  la  violazione  costituzionale  potrebbe  apprezzarsi
sotto il profilo degli  articoli  31,  comma  secondo,  e  32  Cost.,
intimamente connessi tra loro e con  le  disposizioni  costituzionali
prima richiamate. 
    Non vi e' dubbio che l'impossibilita'  di  fruire  per  un  lungo
lasso di tempo di un contatto telefonico e visivo con il  padre  stia
arrecando alla piccola S. un indubbio pregiudizio alla sua integrita'
psico-fisica e al corretto sviluppo della sua personalita', che  vede
nella relazione affettiva con il padre un punto cardine. 
    Parimenti, la preclusione introdotta  non  appare  in  linea  con
l'art. 31 comma secondo Cost., secondo cui «La Repubblica protegge la
maternita',  l'infanzia  e  la  gioventu',  favorendo  gli   istituti
necessari a tale scopo». 
    Ne  consegue  che  sembra  in  contrasto  con   le   disposizioni
costituzionali sopra richiamate una norma che non open il  necessario
bilanciamento tra le esigenze di sicurezza e ordine pubblico e quelle
di  «protezione  dell'infanzia  e  della  gioventu'»,   privilegiando
automaticamente le prime. 
    Preme ancora sottolineare come l'emergenza non possa giustificare
la conculcazione di diritti fondamentali della persona nell'ottica di
una asserita generica ed indiscriminata tutela della salute  pubblica
e di un'apodittica esigenza di sicurezza.  Occorre  bensi'  valutare,
caso per caso, le condizioni contingenti, per bilanciare nel modo  il
piu' possibile rispondente alla fattispecie concreta,  la  supremazia
di un diritto fondamentale rispetto ad un altro. 
    Ne l'emergenza puo' giustificare l'emanazione  di  una  normativa
contraddittoria e  ingiusta,  atta  a  disciplinare  casi  simili  in
maniera irragionevolmente diversa. 
    Cio' posto, appare  incomprensibile  la  differenziazione  tra  i
minori figli di detenuti «ordinari» e quelli di  detenuti  sottoposti
al regime di 41-bis o. p. Sebbene la disciplina del  regime  speciale
sia ritenuta conforme a Costituzione in virtu' della specificita' dei
reati per i quali viene applicata e si  giustifichi  con  la  precisa
ratio di recidere legami tanto stretti come quelli di stampo mafioso,
che per loro natura intrinseca non sono destinati a  cessare  con  la
carcerazione, questo non puo' dare la stura alla  creazione  di  zone
d'ombra  non  soggette  al  controllo  costituzionale.  Cio'   trova,
peraltro, conferma nella recente pronuncia della Corte costituzionale
con la quale e' stato  dichiarato  illegittimo  l'art  41-bis,  comma
2-quater, lett. f) nella parte in cui non  consente  ai  detenuti  di
cuocere cibi. (4) 
    In altri termini, la  normativa  esaminata  appare  di  difficile
sostenibilita' nel  nostro  quadro  costituzionale,  avendo  analoghe
questioni  gia'  trovato   puntuale   risposta   in   altro   recente
pronunciamento della Corte delle Leggi del 2020/97. 
    Nell'occasione, la  Corte  costituzionale,  entrando  nel  merito
della congruita' dei divieti del 41-bis rispetto  agli  scopi  per  i
quali e' prevista detta norma, ha affermato  che  «la  giurisprudenza
costituzionale ha chiarito che, in base  all'art.  41-bis,  comma  2,
ordin. penit., e' possibile sospendere solo l'applicazione di  regole
e istituti dell'ordinamento penitenziario che risultino  in  concreto
contrasto  con  le  richiamate  esigenze  di  ordine   e   sicurezza.
Correlativamente, ha affermato non potersi  disporre  misure  che,  a
causa del loro contenuto, non siano riconducibili a  quelle  concrete
esigenze, poiche' si tratterebbe in tal caso  di  misure  palesemente
incongrue a inidonee rispetto alle finalita'  del  provvedimento  che
assegna il detenuto al regime differenziato. Se cio' accade, non solo
le misure in questione non risponderebbero piu' al fine in vista  del
quale  la  legge  consente  siano  adottate,  ma  acquisterebbero  un
significato diverso, «divenendo ingiustificate deroghe  all'ordinario
regime  carcerario,  con  una  portata   puramente   afflittiva   non
riconducibile alla funzione attribuita dalla legge  al  provvedimento
ministeriale» (sentenza n. 351 del 1996)». 
    In sostanza, la compressione della possibilita'  di  intrattenere
colloqui visivi a distanza con i familiari  (figli  minorenni)  e  la
conseguente deroga all'applicazione delle regole ordinarie,  potrebbe
giustificarsi non in via generale ed astratta,  ma  solo  se  esista,
nelle specifiche  condizioni  date,  la  necessita'  in  concreto  di
garantire la sicurezza  dei  cittadini  e  la  motivata  esigenza  di
prevenire - come recita l'art. 41-bis, comma secondo-quater,  lettera
a)  ord.  pen.  -  «contatti  con   l'organizzazione   criminale   di
appartenenza o di attuale  riferimento,  contrasti  con  elementi  di
organizzazioni  criminali  contrapposte  o  interazioni   con   altri
detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero
ad altre ad essa alleate». 
    Da  questo  punto   di   vista,   l'applicazione   necessaria   e
generalizzata del divieto  di  collegamenti  a  distanza,  sconta  il
limite di essere frutto di un  bilanciamento  condotto  ex  ante  dal
legislatore, a prescindere, percio',  da  una  verifica  in  concreto
dell'esistenza delle ricordate, specifiche, esigenze di sicurezza,  e
senza possibilita' di adattamenti calibrati  sulle  peculiarita'  dei
singoli casi. 
    Questa verifica, operata sulla disposizione  censurata,  fornisce
esito  negativo,  sicche'  la   questione   sollevata   non   risulta
manifestamente  infondata,  per  sospetta  violazione   delle   norme
costituzionale sopra richiamate. 
    E', in definitiva, la previsione ex lege del  divieto  automatico
ed assoluto a costituire misura  sproporzionata  anche  sotto  questo
profilo in contrasto con gli articoli 3 e 27 Cost.. In  questo  caso,
alla   compressione   di   una   forma   minima   di   socialita'   -
estrinsecantesi, peraltro, nell'ambito di una cerchia assai ristretta
di soggetti - non corrisponde  un  accrescimento  delle  garanzie  di
difesa sociale e sicurezza pubblica. 
    Nel caso che occupa, in aggiunta,  la  Procura  della  Repubblica
presso il tribunale di Reggio  Calabria  (DDA)  ha  formulato  parere
favorevole  all'effettuazione  dei  colloqui  anche   audiovisivi   a
distanza tra il detenuto B. e la figlia minorenne. Motivo per cui  le
esigenze di sicurezza sono state  ritenute  assolutamente  tutelabili
con la registrazione audio-video del colloquio,  la  possibilita'  di
interruzione e con la presenza della minorenne presso un  ufficio  di
polizia  giudiziaria:  condizioni  di  carattere  generale   che,   a
prescindere dalla situazione concreta, consentirebbero di  realizzare
in assoluta sicurezza colloqui a distanza per tutti i figli minorenni
e, piu' in generale, per  i  familiari  dei  detenuti  sottoposti  al
41-bis o. p.. 
    Aggiungasi, per completezza  di  esposizione,  che  nel  caso  di
accoglimento della presente questione di costituzionalita', in  forza
della disposizione di cui alla lett. a) del comma 2-quater  dell'art.
41-bis o. p. - secondo cui la sospensione delle regole di trattamento
e degli istituti di cui al comma 2  puo'  comportare  «l'adozione  di
misure  di  sicurezza  interna  ed  esterna»  -  restera'  consentito
all'amministrazione penitenziaria di  disciplinare  le  modalita'  di
effettuazione dei collegamenti a distanza - cosi' come  avviene  gia'
per i detenuti ordinari e  come  ipotizzato  dalla  stessa  Corte  di
Cassazione con la sentenza n. 7654/2014 per gli  stessi  detenuti  in
regime  speciale  nonche'  di  predeterminare   le   condizioni   per
introdurre  eventuali  limitazioni.  Naturalmente,   le   limitazioni
dovrebbero risultare giustificate da precise  esigenze,  da  motivare
espressamente,  e  sotto  questi  profili   ben   potrebbero   essere
sindacate, di volta in volta, in  relazione  al  caso  concreto,  dal
magistrato di sorveglianza, in attuazione di  quanto  disposto  dagli
art. 35-bis, comma 3, e 69, comma 6, lettera b), ord. pen. 
    Ancora, seppur con riferimento diretto alle esigenze del presente
procedimento civile - ma specularmente per quelle proprie rieducative
e  di  umanita'  del  trattamento  sanzionatorio  -  la  disposizione
richiamata appare in contrasto con l'art. 27 Cost.,  non  consentendo
al detenuto di potere recuperare correttamente  il  rapporto  con  la
figlia e, indirettamente, di reinserirsi  socialmente,  emendando  la
sua condotta  che  ha  provocato  e  sta  provocando  (con  la  lunga
carcerazione) enorme sofferenza pure alla prole minorenne. 
    In altri termini, se e' vero che la pena si realizza per  effetto
della privazione della liberta', tuttavia  e'  egualmente  innegabile
che  essa  debba,  al  contempo,  consentire  trattamenti  idonei  al
recupero sociale del reo e,  fra  questi,  indiscussa  importanza  va
attribuita al mantenimento dei rapporti familiari e, soprattutto,  al
recupero di quelli genitoriali; prospettiva che  e'  privilegiata  da
questa autorita' giudiziaria, in quanto  funzionale  a  garantire  il
superiore interesse del minore. 
    Seconda questione:  sospetto  contrasto  con  l'art.  117,  primo
comma,  Costituzione  in  riferimento  agli  articoli  3  e  8  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU). 
    La valorizzazione dei rapporti tra genitori e i  figli  minorenni
assume una portata di piu' ampio respiro anche attraverso  le  tutele
sovranazionali. 
    Come anticipato, la Convenzione delle Nazioni Unite  sui  Diritti
dell'Infanzia e dell'Adolescenza (Convention on  the  Rights  of  the
Child - CRC) del 1989 (5)  individua  l'interesse  del  minore  quale
necessario  oggetto  di  primaria   considerazione,   in   tutte   le
statuizioni  legislative,  amministrative  e  giudiziarie:  «in   all
actions concerning children, whether undertaken by public or  private
social  welfare   institutions,   courts   of   law,   administrative
authorities or legislative bodies, the best interests  of  the  child
shall be a primary consideration». (6) 
    Preme all'uopo evidenziare che  sono  due  i  punti  fondamentali
sottolineati, ossia il perseguimento del miglior interesse del minore
e letteralmente «tutte le azioni riguardanti i bambini». 
    Si e' cosi' realizzato un  mutamento  di  prospettiva  attraverso
l'introduzione del concetto di «best interest of the child» il minore
e' riconosciuto titolare di diritti, portatore di un interesse, che -
dal Legislatore prima e dal Giudice poi  -  deve  essere  considerato
preminente,  laddove  siano  coinvolte  dinamiche   esistenziali   di
bambini, soprattutto se in tenera eta'. 
    La   nozione   di   «actions   concerning    children»    secondo
l'interpretazione avallata dal Comitato  dei  diritti  del  fanciullo
comprende tanto le misure  che  hanno  un  minore  come  destinatario
immediato, quanto quelle che sulla vita dello stesso si  ripercuotono
sebbene indirizzate ad altri. 
    Le  conseguenze  indirette  delle  azioni  non   specificatamente
dirette verso i minori devono essere apprezzate caso per caso in modo
da assicurare le piu' adatte protezioni del fanciullo a seconda delle
circostanze concrete. 
    In altri termini, in presenza di «actions concerning children» il
minore deve comunque godere di «primary consideration» secondo misure
flessibili. (7) 
    Quanto al preminente interesse del minore in  rapporto  a  misure
che incidono sui suoi interessi  direttamente  ed  indirettamente  si
puo' altresi' fare riferimento, a livello sovranazionale, alla  Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea, firmata a Strasburgo il
12 dicembre 2007 (che sostituisce la Carta proclamata a  Nizza  il  7
dicembre 2000), che all'art. 24 ribadisce il diritto dei minori  alla
protezione e alle cure necessarie per il loro benessere, evidenziando
altresi' come «in tutti gli  atti  relativi  a  minori»,«compiuti  da
autorita'  pubbliche»  o  «da  istituzioni   private»,   «l'interesse
superiore del  minore  deve  essere  considerato  preminente».  Sulla
stessa  scia  dei  «diritti  del  bambino»  il  Trattato  sull'Unione
europea, art. 3, paragrafo 3 si occupa della protezione  dei  diritti
dei minori (in generale). 
    Ancora, a livello europeo, la  Convenzione  Europea  dei  Diritti
dell'Uomo (CEDU) non fornisce una definizione di minore,  ma  il  suo
art. 1 obbliga gli Stati a riconoscere i diritti della Convenzione  a
«ogni persona» sottoposta alla loro giurisdizione.  L'art.  14  della
CEDU assicura il godimento dei diritti riconosciuti nella Convenzione
«senza nessuna discriminazione», comprese quelle  fondate  sull'eta'.
(8) Tra le fattispecie applicabili a tutti, compresi i minori vengono
spesso valorizzate quelle di  cui  agli  art.  8  che  garantisce  il
diritto al rispetto della vita privata e familiare, e 3 che vieta  la
tortura nonche' pene e trattamenti inumani e degradanti. 
    Avvalendosi di approcci interpretativi che si  concentrano  sugli
obblighi positivi insiti nelle disposizioni della CEDU, la Corte  EDU
ha sviluppato un ampio corpus giurisprudenziale in materia di diritti
dei minori. Varie interpretazioni della norma di cui all'art. 8  CEDU
hanno condotto all'affermazione secondo la  quale  tale  disposizione
configura un diritto suscettibile di bilanciamento  per  effetto  del
secondo comma, che ammette limitazioni  al  diritto  in  parola,  ove
previste dalla legge e giustificate dalla tutela  della  sicurezza  e
dell'ordine pubblico, oltre che per la protezione dei diritti e delle
liberta' altrui. 
    In quest'ottica si giustificano le  particolari  disposizioni  di
sicurezza adottate per i genitori sottoposti a detenzione carceraria.
Le limitazioni previste  sono  conseguenza  di  scelte  sanzionatorie
collegate  a  violazioni  di   norme   imperative   che   strutturano
l'ordinamento  nazionale  e  la  cui  efficacia  non  e'   messa   in
discussione a livello europeo. 
    Si  fa  riferimento  alle  Regole  Penitenziarie  Europee  (EPR),
dettate al fine di uniformare le politiche penitenziarie degli  Stati
membri. Agli articoli 64 e 65 previsto,  in  particolare,  che  «ogni
sforzo deve essere fatto per assicurarsi che i regimi degli  istituti
siano regolati e gestiti in maniera da: [...] mantenere e  rafforzare
i legami dei detenuti con i membri della famiglia e con la  comunita'
esterna al fine di proteggere gli interessi dei detenuti e delle loro
famiglie»;  e  ancora,  all'art.  24,  viene  fissato  l'obbligo   di
garantire il mantenimento e lo sviluppo di  relazioni  familiari  «il
piu' possibile normali». 
    Orbene, per quanto qui di interesse, non sembra  possano  esserci
difficolta' nel riconoscere che gli standard sovranazionali di tutela
dei diritti umani fondino l'esigenza di un sistema sanzionatorio  nel
quale l'impatto sui figli sia oggetto di autonoma  considerazione  al
fine della determinazione ed  esecuzione  della  pena  a  carico  del
genitore. Aspetto di precipuo interesse costituzionale del  quale  il
Legislatore si deve fare carico e dal quale il Giudice non  puo'  non
farsi orientare nelle questioni sottoposte alla sua attenzione e  che
comportano una delicata riflessione sul bilanciamento degli interessi
emergenti di volta in volta. 
    Ad  ogni  modo,  i  suesposti  principi   sono   ribaditi   anche
dall'Amministrazione penitenziaria che afferma che tali  prescrizioni
«non sono volte a  punire  e  non  devono  determinare  un  ulteriore
afflizione aggiuntiva alla  pena  gia'  comminata».  (9)  A  cio'  va
aggiunto che non devono risultare afflizioni anche a  terzi  soggetti
incolpevoli che subiscono l'altrui carcerazione. 
    Cosi' ricostruito il quadro normativo sovranazionale,  ad  avviso
di questo giudice l'art. 4 del D.L. 29/2020  e'  attraversato  da  un
altro profilo di sospetta incostituzionalita', intimamente connesso a
quelli prima esaminati. Potrebbe, infatti, prospettarsi la violazione
dell'art. 117, primo comma, Cost. per mancata attuazione dell'art.  8
CEDU, secondo cui «ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita
privata e familiare, del suo domicilio e  della  sua  corrispondenza.
Non puo' esservi ingerenza di una autorita'  pubblica  nell'esercizio
di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge  e
costituisca  una  misura  che,  in  una  societa'   democratica,   e'
necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per
il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per  la
prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale,
o per la protezione dei diritti e delle liberta' altrui». 
    Analoghe  considerazioni   posso   specularmente   svolgersi   in
riferimento all'art. 3 della Convenzione,  che  vieta  i  trattamenti
inumani e degradanti, sia sotto il profilo del detenuto che di quello
dei figli  minorenni,  costretti  a  patire  le  conseguenze  di  una
legislazione particolarmente afflittiva. 
    Tanto premesso in ordine generale, seguendo le  direttrici  delle
sentenze  «gemelle»  n.  348  e  n.  349   del   2007   della   Corte
costituzionale, non  si  puo'  non  riconoscere  che,  tra  normativa
interna di rango primario e la Costituzione, si e'  «interposta»  una
norma,  attuativa  di  un  trattato  internazionale,  che,  pur   non
direttamente applicabile, crea obblighi del nostro paese, quale Stato
contraente. 
    Tali obblighi, in primo luogo, impongono  al  giudice  comune  di
«interpretare la norma interna in  modo  conforme  alla  disposizione
internazionale, entro i limiti nei quali cio' sia permesso dai  testi
delle norme. Qualora cio' non sia possibile, ovvero il giudice dubiti
della  compatibilita'  della  norma  interna  con   la   disposizione
convenzionale 'interposta', egli deve investire  questa  Corte  della
relativa  questione  di  legittimita'  costituzionale   rispetto   al
parametro dell'art. 117, primo comma ...  spettera'  poi  alla  Corte
...accertare il contrasto e, in caso affermativo,  verificare  se  le
stesse norme garantiscono una tutela dei diritti fondamentali  almeno
equivalente al livello garantito dalla Costituzione  italiana  (Corte
Cost. 349/2007). 
    Cio'  premesso,  e'  indubbio  che  il  contrasto  tra  l'attuale
formulazione dell'art. 4 del decreto-legge n. 29 del 2020 e le  norme
richiamate sia insanabile in via interpretativa. 
    Il contrasto segnalato deve,  pertanto,  essere  sottoposto  alla
verifica di costituzionalita' del  giudice  ad  quem.  Questa  appare
l'unica soluzione idonea (e propedeutica) a  garantire  l'adeguamento
del diritto interno agli obblighi convenzionali assunti in materia. 
    Per il complesso dei motivi sopra  segnalati,  deve  prospettarsi
come  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 4 del d.l. 10  maggio  2020  n.
29, per potenziale contrasto con gli art. 2,  3,  27,  30,  31  comma
secondo, 32 e 117 della Costituzione, nella parte in cui non  prevede
che i colloqui con i familiari  e  conviventi  cui  hanno  diritto  i
detenuti o  gli  internati  sottoposti  al  regime  speciale  di  cui
all'art. 41-bis della L. 26 luglio  1975  ,  n.  354  possono  essere
svolti a distanza con i  figli  minorenni  mediante,  ove  possibile,
apparecchiature  e  collegamenti  di  cui  dispone  l'amministrazione
penitenziaria e minorile. 
    Al riguardo, non vi e'  dubbio  che  la  presente  questione  sia
sollevata per i minorenni figli di detenuti sottoposti al  41-bis  o.
p., che devono necessariamente essere  inclusi  nella  categoria  dei
congiunti,  ma  il  petitum  potrebbe   in   via   consequenziale   -
sussistendone i medesimi motivi - essere  allargato  dal  giudice  ad
quem,  per  derivazione  causale,  a  tutti  gli  altri  familiari  e
conviventi. 
    In merito, non sembra superfluo segnalare  che  l'accompagnamento
del minorenne  presso  il  luogo  deputato  per  il  contatto  dovra'
necessariamente avvenire  ad  opera  di  un  familiare  esercente  la
responsabilita' genitoriale, che  pertanto  potrebbe  svolgere  nella
medesima  sessione  il  colloquio  a  distanza,  senza   perdere   la
possibilita' concessa - una sola volta al mese e  senza  possibilita'
di frazionamento - dall'art. 41-bis o. p.. 
    Terza questione: sospetta  incostituzionalita'  dell'art.  41-bis
2-quater lett. b), terzo periodo, L.  26  luglio  1975,  n.  354  per
potenziale contrasto con gli art. 2, 3, 27, 30, 31 comma secondo,  32
e 117 della Costituzione 
    Per analoghi motivi e per la stessa rilevanza della questione nel
giudizio a quo, che continuera' a tutela della minorenne B. S.  oltre
lo stretto  periodo  emergenziale  (e  per  almeno  due  anni),  deve
segnalarsi il potenziale contrasto tra l'art. 41-bis  2-quater  lett.
b),  terzo  periodo,  dell'ordinamento   penitenziario,   intimamente
connesso con l'art. 4 del d. l. 10 maggio 2020, n.  29,  e  le  norme
costituzionali sopra richiamate, nella parte in cui non prevede che i
colloqui sostitutivi del colloquio visivo tra il detenuto  sottoposto
al regime speciale ed i figli minorenni possono  essere  autorizzati,
in alternativa, con modalita' audiovisive. 
    E' notorio, infatti, che l'emergenza epidemiologica ripercuotera'
i suoi effetti fino a dopo il 30 giugno 2020  (comunque  fino  al  31
luglio 2020, come stabilito dal decreto legge 25 marzo 2020,  n.  19,
convertito nella legge 22 maggio 2020, n. 35), rendendo rischiosi per
la piccola S. - cosi' come per altri minorenni in condizioni analoghe
- gli spostamenti sul territorio nazionale sino a quando non  saranno
individuati e resi nella disponibilita' dei  cittadini  gli  antidoti
farmacologici necessari (vaccino). 
    A prescindere dalle motivazioni di carattere  sanitario  presenti
nel caso che occupa, e' palese che le trasferte per i colloqui visivi
comportano  oneri  economici  e  di  altro  genere   non   facilmente
sostenibili e, per quel che concerne i minorenni, anche problematiche
di natura psicologica e scolastica. Non vi e' dubbio, infatti, che la
complessa  organizzazione  delle  trasferte  presso  i   penitenziari
ospitanti i detenuti al 41-bis  o.  p.  (quasi  tutti  collocati  nel
Centro, nel Nord Italia e in Sardegna) determina nella maggior  parte
dei casi situazioni stressanti e l'assenza scolastica del  minorenne,
con  pregiudizio  di  quello  che  e'  il  suo  superiore  interesse.
Determina,   in    generale,    un'ingiustificata    e    irrazionale
discriminazione  tra  minorenni,   in   relazione   alle   condizioni
economiche e di salute, alle condizioni  familiari  e  alla  distanza
chilometrica dagli istituti penitenziari, con la conseguenza  che  la
presenza ai colloqui visivi per alcuni e preclusa  o  comunque  assai
compromessa. 
    Tale discriminazione e' possibile coglierla, a prescindere  dalla
normativa emergenziale, anche nell'impianto  attuale  ordinario,  che
prevede tale possibilita' per i detenuti appartenenti al circuito  di
media sicurezza. 
    Il Ministero della giustizia,  Dipartimento  dell'amministrazione
penitenziaria, Direzione generale detenuti  e  trattamento,  dopo  un
periodo  di  sperimentazione  iniziato  nel  2015,  ha  diramato   la
circolare del 30 gennaio 2019 n. 0031246U, contenente le  indicazioni
per agevolare le attivita' e predisporre gli interventi  necessari  a
rendere fruibile - su vasta  scala  -  l'utilizzo  della  piattaforma
Skype for business per l'effettuazione di video chiamate da parte del
detenuti ed internati - in questa prima fase di avvio appartenenti al
circuito di media sicurezza - con i familiari e/o  conviventi.  Nella
circolare, peraltro, viene effettuato  espressamente  l'inquadramento
giuridico della fattispecie ed il richiamo all'apparato normativo  di
riferimento,  con  l'affermazione  che  la  video  chiamata   e'   da
equipararsi ai colloqui previsti dagli articoli 18 o. p. e 37 decreto
del Presidente della Repubblica 230/2000. (10) 
    Tale possibilita' e'  stata  inoltre  ampliata  -  con  circolare
D.A.P. del 12 marzo 2020 - anche per i detenuti del circuito di  Alta
Sicurezza. 
    Orbene,  la  possibilita'  -   gia'   prevista   dall'ordinamento
penitenziario per i  detenuti  in  regime  ordinario  -  di  colloqui
(sostitutivi) audiovisivi a distanza  consentirebbe  di  superare  le
difficolta' sopra segnalate, garantendo il  superiore  interesse  del
minore e condizioni di uguaglianza sostanziale al figli minorenni dei
detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis o. p.. 
    Come gia' evidenziato da altre autorita'  giudiziarie  (tribunale
di sorveglianza di Roma  e  Corte  di  Cassazione),  le  esigenze  di
sicurezza e ordine pubblico potrebbero essere adeguatamente garantite
dalla  video  registrazione,  dalla  possibilita'   di   interruzione
contestuale del colloquio e dall'espletamento dello stesso -  per  la
parte relativa ai minorenni - presso una caserma  dei  carabinieri  o
altro ufficio di polizia giudiziaria tecnicamente attrezzato, secondo
modalita' gia' in atto e previste  per  legge  e  regolamento  per  i
detenuti in regime ordinario. 
    In    ordine     all'impossibilita'     di     un'interpretazione
costituzionalmente  orientata  della   norma   in   questione,   deve
osservarsi che la possibilita' dei colloqui  audiovisivi  a  distanza
prevista dalle circolari del DAP sopra indicate - e' stata introdotta
espressamente dall'art. 4 del decreto legge n. 29 del 10 maggio  2020
solo per i detenuti in  regime  ordinario;  cio'  a  riprova  di  una
diversa e piu' rigorosa lettura dell'art. 41-bis o. p. fornita  dallo
stesso legislatore. 
    Quanto alla pronuncia che Si richiede alla Corte  costituzionale,
deve osservarsi  che  la  stessa  non  comporterebbe  l'invasione  di
competenze riservate al  legislatore.  Le  possibilita'  tecniche  di
colloqui audiovisivi sono gia'  previste  per  i  detenuti  ordinari,
sicche'  -   una   volta   intervenuta   l'eventuale   pronuncia   di
incostituzionalita'  -  la  normativa  di  dettaglio  (regolamentare)
potrebbe - come gia' in atto prevede l'art. 4 del d.l. 10 maggio 2020
n. 29 e come previsto dalle pregresse  circolari  del  DAP  -  essere
demandata all'Amministrazione penitenziaria. 
    Invero,  gli  accorgimenti   tecnici   che   si   richiederebbero
all'Amministrazione penitenziaria e agli organi di  polizia  delegati
sono assolutamente identici, alla luce degli attuali progressi  della
tecnologia legata ai telefoni,  a  quelli  previsti  per  i  colloqui
telefonici e audiovisivi per i detenuti in regime ordinario. 
    Aggiungasi, a conforto della superiore proposizione, che e' stato
lo  stesso  Ministero  della  giustizia,  al   dichiarato   fine   di
«facilitare le relazioni familiari nelle strutture penitenziarie», ad
adottare  un'interpretazione  evolutiva  della  locuzione   colloquio
visivo  della  normativa  di  riferimento,  comprendendovi  anche  il
colloquio diretto fra persone presenti in video-collegamento, che  e'
ormai uno strumento abitualmente diffuso nella pratica comune. 
    Per completezza di esposizione, deve rammentarsi che nel caso  di
accoglimento della presente questione di costituzionalita', in  forza
della disposizione di cui alla lett. a) del comma 2-quater  dell'art.
41-bis o. p. - secondo cui la sospensione delle regole di trattamento
e degli istituti di cui al comma 2  puo'  comportare  «l'adozione  di
misure  di  sicurezza  interna  ed  esterna»  -  restera'  consentito
all'amministrazione penitenziaria di  disciplinare  le  modalita'  di
effettuazione dei collegamenti a distanza - cosi' come  avviene  gia'
per i detenuti ordinari e  come  ipotizzato  dalla  stessa  Corte  di
Cassazione con la sentenza n. 7654/2014 per gli  stessi  detenuti  in
regime  speciale  nonche'  di  predeterminare   le   condizioni   per
introdurre eventuali limitazioni. 
    In sostanza, l'ordinamento penitenziario prevede gia'  la  delega
all'amministrazione penitenziaria per l'organizzazione  dei  colloqui
cui hanno diritto i detenuti sottoposti al regime speciale  dell'art.
41-bis   o.   p.,   sicche'   l'intervento   richiesto   alla   Corte
costituzionale non potra' comportare in  alcun  caso  l'invasione  di
prerogative del legislatore. 
    Dal  punto  di  vista  della  previsione  di  spesa,  non  sembra
superfluo segnalare che tale  possibilita'  e  gia'  prevista  per  i
detenuti ordinari che rappresentano la stragrande  maggioranza  della
popolazione penitenziaria, sicche' escluderla  per  i  sottoposti  al
regime speciale di cui all'art. 41-bis o. p. -  che  sono  in  numero
assai minore - appare irragionevole. 
    Inoltre, la possibilita' di colloqui audiovisivi  -  realizzabile
con  apparecchiature   gia'   a   disposizione   dell'amministrazione
penitenziaria - consentira' di evitare costose trasferte ai familiari
dei  detenuti,  psicologicamente  stressanti  per  i  minorenni,   ed
evitera' le lunghe attese per  tutte  le  operazioni  preliminari  di
identificazione e controllo negli istituti di  reclusione,  attivita'
che peraltro impegnano notevolmente il personale penitenziario. 
    Deve pertanto  segnalarsi  il  potenziale  contrasto  tra  l'art.
41-bis  2-quater  lett.   b),   secondo   periodo,   dell'ordinamento
penitenziario, e gli articoli 2, 3, 27, III comma,  30,  31,  secondo
comma, 32 e 117, I comma, della Costituzione, nella parte in cui  non
prevede che i colloqui sostitutivi di quelli visivi tra  il  detenuto
ed i figli minorenni possono essere autorizzati,  in  alternativa  ai
colloqui telefonici, a distanza con modalita' audiovisive. 
    La presente questione  e  sollevata  per  i  minorenni  figli  di
detenuti sottoposti al 41-bis o. p., tuttavia il petitum potrebbe  in
via  consequenziale  -  sussistendone  i  medesimi  motivi  -  essere
allargato dal giudice ad quem, per derivazione  causale,  a  tutti  i
familiari e conviventi. 
    In merito, non sembra superfluo segnalare  che  l'accompagnamento
del minorenne  presso  il  luogo  deputato  per  il  contatto  dovra'
necessariamente avvenire  ad  opera  di  un  familiare  esercente  la
responsabilita' genitoriale, che  pertanto  potrebbe  svolgere  nella
medesima  sessione  il  colloquio  a  distanza,  senza   perdere   la
possibilita' concessa - una sola volta al mese e  senza  possibilita'
di frazionamento - dall'art. 41-bis o. p. 2-quater lett. b), della L.
26 luglio 1975, n. 354. 
    Disapplicazione della circolare amministrativa del DAP 
    Come anticipato, il  Procuratore  della  Repubblica  in  sede  ha
chiesto a questo  giudice,  «di  concedere  contestualmente  (in  via
immediata, provvisoria, lato sensu cautelare e urgente) i colloqui  a
distanza di cui trattasi (in termini da prevedere  -  almeno  -  sino
alla data del 30.06.2020) - previa  delibazione  della  questione  di
legittimita' dianzi prospettata e disapplicazione  statuizioni  della
circolare del DAP n.  101903/AG  del  27  marzo  2020,  ove  ritenute
rilevanti (in senso potenzialmente ostativo) ai fini  della  conferma
delle disposizioni gia' emesse de  potestate,  ...e  della  norma  di
legge presunta illegittima - e subordinando la conferma  della  detta
misura   interinale   alla   declaratoria   di    incostituzionalita'
sopraggiunta». 
    Cio' premesso, in  ordine  alla  possibilita'  di  autorizzare  i
colloqui a distanza tra il B. e la figlia minorenne  deve  osservarsi
che, pur ribadendosene la necessita' per le  ragioni  evidenziate,  i
contatti  con  tale  modalita'  non  possono   essere   attuati   per
l'intervento dell'art. 4 del d.l. 10 maggio 2020 n. 29. 
    Tale  norma,  oltretutto,  fornisce  anche  lo  spunto  per   una
interpretazione piu' rigorosa dell'art. 41-bis ord. pen. nella  parte
in cui non prevede tale possibilita'. 
    Ne consegue che la circolare del D.A.P. n. 101903/AG del 27 marzo
2020, nella parte in cui non  prevede  la  possibilita'  di  colloqui
audiovisivi a distanza per i detenuti al 41-bis o. p. non puo' essere
disapplicata, trovando la stessa il suo fondamento in disposizioni di
legge   non    suscettibili    di    un'interpretazione    estensiva,
costituzionalmente orientata. 
    In ordine alla vexata quaestio, appare condivisibile  l'indirizzo
dottrinale secondo cui, «esperito  negativamente  ogni  tentativo  di
un'interpretazione costituzionalmente orientata,  la  disapplicazione
di una legge ritenuta illegittima puo' avvenire solo a seguito di una
pronuncia di incostituzionalita', perche' nel nostro ordinamento  non
puo' essere ritenuto proprio dei giudici il potere di disapplicare la
legge, se non vi sia stata un  pronuncia  di  incostituzionalita'  da
parte della Corte costituzionale». 
    Nelle  more   della   decisione   della   Corte   costituzionale,
indispensabile per la fruibilita' da parte  della  minorenne  B.  dei
colloqui audiovisivi a distanza auspicati  da  questo  giudice,  puo'
invece essere disapplicata la suddetta circolare nella parte  in  cui
esclude i minorenni dai colloqui telefonici sostitutivi, che pertanto
devono  essere  immediatamente  organizzati  per  tutto  il   periodo
emergenziale, secondo le modalita'  gia'  indicate  dal  DAP  con  la
medesima circolare per i familiari maggiorenni dei detenuti al 41-bis
o. p.. 
    Al riguardo, deve osservarsi che appare palesemente contra  legem
la suddetta circolare nella parte in cui nega ai minorenni  figli  di
detenuti sottoposti al regime speciale la possibilita' di fruire  dei
suddetti colloqui telefonici, peraltro prevista dalla norma  primaria
dell'art. 41-bis o. p.. 
    Invero, in situazione emergenziale non puo' costituire lo  spunto
per conculcare diritti soggettivi fondamentali, seppur per  un  tempo
limitato. 
    Oltretutto,  la  predisposizione  e  l'uso  dei  dispositivi   di
sicurezza individuali e il distanziamento  sociale  -  attuabile  sia
presso l'istituto di detenzione che presso la caserma dei carabinieri
(secondo  quanto  indicato  dal  DAP)  o  presso  la  Questura  (come
suggerito da questo tribunale  per  i  minorenni)  -  appaiono  tutte
modalita' attuative idonee  a  garantire  in  ordine  alla  sicurezza
sanitaria anche per i minorenni. 
    Con riguardo all'efficacia esterna, affermare  che  la  circolare
possa vincolare il Giudice, vorrebbe dire che  l'atto  amministrativo
de quo possa  avere  effetti  normativi  e  cio'  e'  decisamente  in
conflitto con il dettato costituzionale sulla riserva di legge  (art.
23 cost.). 
    Per meglio chiarire,  il  Consiglio  di  Stato  ha  affermato  in
proposito che: «...le circolari amministrative sono atti diretti agli
organi e uffici periferici ovvero sottordinati, che non hanno di  per
se valore normativo o provvedimentale. Ne consegue che tali  atti  di
indirizzo interpretativo non sono vincolanti per i soggetti  estranei
all'amministrazione, mentre, per gli  organi  destinatari  esse  sono
vincolanti solo se legittime,  potendo  essere  disapplicate  qualora
siano contra legem.» (11) 
    Il blando potere vincolante  della  circolare  e  stato  ribadito
anche dalle Sezioni Unite (12) che hanno sostenuto che la stessa  non
possa essere annoverata fra  gli  atti  generali  di  imposizione  in
quanto tali atti non possono ne contenere disposizioni derogative  di
norme  di  legge,  ne  essere  considerate  alla  stregua  di   norme
regolamentari vere e proprie. 
    Ne consegue che la circolare del  DAP  non  puo'  restringere  il
campo applicativo di una norma  di  legge  (nel  nostro  caso  l'art.
41-bis o. p.) che non preclude ai minori i colloqui telefonici con  i
genitori detenuti. Tale restrizione appare del tutto irragionevole  e
puo' comportare una disapplicazione della stessa, nel giudizio in cui
viene in rilievo, da parte del giudice ordinario, in  quanto  proprio
la gerarchia delle fonti impone la prevalenza della norma di legge. 
    Ne consegue che - previa disapplicazione della suddetta circolare
amministrativa   nel   caso   che   occupa    -    deve    demandarsi
all'Amministrazione penitenziaria (e, in specie, al  Direttore  della
Casa   Circondariale   di   Novara)   il   compito   di   organizzare
immediatamente i colloqui (solo) telefonici, nei termini di  legge  e
secondo le modalita' indicate  dal  presente  provvedimento,  tra  il
detenuto B. G. e la figlia B. S. 

(1) Siglato   dal   Ministero   della   giustizia,   dal    Ministero
    dell'istruzione, dal Ministero della famiglia  Dipartimento  pari
    opportunita', dal Tribunale per i minorenni e dalla Procura della
    Repubblica per i minorenni di Reggio  Calabria,  dalla  direzione
    nazionale antimafia, dalla procura  della  Repubblica  presso  il
    Tribunale di Reggio Calabria, dall'associazione  libera  e  dalla
    conferenza episcopale italiana. 

(2) Cass. Pen., Sez. I, sent. n. 4748/2013. 

(3) art. 61, D.P.R. n. 230/2000. 

(4) Cfr. sentenza Corte costituzionale n. 186 del 2018. 

(5) Ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27  maggio  1991,
    n. 176. 

(6) art. 3 par. 1. 

(7) Committee on the Rights of the Children, General comment  No.  14
    (2013) on the right  of  the  child  to  have  his  or  her  best
    interests taken as a primary consideration  (art.  3,  para.  1),
    29.5.2013, CRC/C/GC/14. parr. 19 ss. 

(8) Corte europea dei diritti dell'uomo,  sentenza  10  giugno  2010,
    Schwizgebel c. Svizzera n. 25762/07. 

(9) Circolare DAP n. 3676/616 del 2 ottobre 2017. 

(10) Per il collegamento i detenuti saranno accompagnati in  appositi
     locali degli istituti  ed  avranno  a  disposizione  piattaforme
     informatiche abilitate. Per  assicurare  completa  sicurezza,  i
     colloqui si svolgeranno sempre sotto  il  controllo  visivo  del
     personale della polizia penitenziaria che da  postazione  remota
     potra' visualizzare le immagini che  appaiono  sul  monitor  del
     computer  che  sta  utilizzando  il  detenuto  e,  nei  casi  di
     comportamenti non corretti del  detenuto  o  dei  familiari,  il
     videocollegamento verra' immediatamente interrotto. 

(11) C. Stato, sez. IV, 27-11-2000, n. 6299. 

(12) Cass. Civ. Sez. Un 23013/2017.